
Intrigo sensuale
Capitolo 1.
∾ Roby ∾
Quella sera avrebbe funzionato, me lo sentivo. Quella sera tutto sarebbe tornato a essere come un tempo.
Chattare con Cuore infuocato mi aveva eccitato. Merito, forse, della schiettezza di lei, che non aveva avuto inibizioni di nessun tipo; così naturale e spontanea nel mostrarmi il suo piacere, non era stata affatto volgare; lei non lo era mai. La trovavo una donna di classe e intelligente, una con cui parlare di diversi argomenti oltre che di sesso.
Immagino che alcuni di voi si staranno chiedendo se sono normale, cioè se sono un maschio vero, cazzuto, e non, invece, una potenziale checca che avrebbe fatto bene a sdraiarsi sul lettino di zio Freud a risolvere i propri traumi. Sì, perché in genere i veri maschi, quando sono con una donna, vogliono subito arrivare al sodo, senza perdersi in chiacchiere inutili. Per i veri maschi, non c’è bisogno che sia intelligente, una donna, per aver voglia di scoparsela; spesso non è necessario neppure che sia bella; l’importante è che sia disponibile e porca. Anzi, più porca è, più è ricercata e ambita: la vogliono, la bramano quasi in modo ossessivo; con lei desiderano mettere in atto le fantasie più perverse che riescono a partorire, quelle che non hanno il coraggio di realizzare con le loro compagne, mogli o fidanzate; fantasie proprie o suggerite da amici che hanno già beneficiato delle attenzioni e prestazioni della maialona, e che si passano il suo numero di telefono, manco fosse quello del loro meccanico di fiducia.
Sull’argomento potrei dilungarmi ancora, e spiegarvi come venga trattata la donna in questione, dopo che questi campioni di mascolinità hanno soddisfatto i pruriti testicolari e penali, ma uscirei fuori tema. Mi dilungherei, però, inutilmente solo per farli apparire come dei veri suini, buoni solo a fare sapone.
No, non è di questo che voglio parlarvi. Ciò che mi sta a cuore è altro.
Ci tengo a sottolineare, comunque, che non tutti gli uomini sono come quelli che vi ho descritto, ma suppongo lo sappiate già. Esistono delle eccezioni, e io sono una di quelle.
Ebbene, sì, a me non basta una fica per eccitarmi, e neppure un culo o due tette. Per me una donna deve avere anche una bella testa e un carattere gradevole. Deve avere classe ed essere sexy allo stesso tempo. Mia moglie per esempio ha classe, è bella, intelligente, sicura di sé e ambiziosa.
Però mi chiedo: ma chi è che cerca la classe e l’eleganza nelle donne che frequentano una chat erotica? Un uomo, nelle hot room si aspetta di trovare una fica virtuale, ma disponibile, in cui infilare un cazzo duro e concreto. Tutto si riassume in una sega davanti a uno schermo, e l’invio dell’uccello fotografato in primo piano, ricoperto di sborra. Poi, click, si chiude la connessione e buonanotte ai suonatori.
Le chat erotiche sono una svolta per i single in fase di magra, colti da voglia improvvisa, e per gli accompagnati che vivono un momento di crisi di coppia o che hanno bisogno, di tanto in tanto, di evadere dalla routine. E il bello è che, in chat, ciascuno può presentarsi al meglio: gli uomini tutti Rocco, le donne tutte Monica Bellucci.
Cosa? Dite che la Bellucci ormai è vecchia? Boh, a me piace anche adesso, ben oltre la soglia degli ‘anta’. Ve la ricordate nel film Malena? Bellissima e così maledettamente sexy, senza scendere nell’indecenza. Niente a che vedere con la Mastromarino, la Malena pugliese. Per carità!
Sto divagando, lo so, e la ragione sta nel fatto che, per raccontarvi ciò che mi preme e che mi ha portato a chattare con Cuore infuocato, devo prima parlarvi del mio problema o “problemuccio”, come lo definisce Mirko per prendermi in giro. E la cosa mi crea non poco disagio.
Mirko è il mio avversario di squash, nonché amico da oltre venticinque anni. Ci incontriamo ogni sabato al centro sportivo per una partita, tranne nei giorni di vacanza, oppure quando impegni inderogabili di uno dei due ci tengono inchiodati al senso del dovere. Lui è avvantaggiato, però: è single da sempre e puttaniere, pure, da sempre, per cui non ha difficoltà a liberarsi per un’oretta o due. Non deve rendere conto a nessuno, lui. Io, invece, con moglie e due figli - uno di tre anni e mezzo e l’altro di sei - devo fare spesso miracoli per incastrare i miei impegni con quelli di tutti.
Cosa? Starei divagando ancora? Ehm…. Forse sì, avete ragione. Ma, accidenti! Vorrei vedere voi al posto mio. È difficile parlare di certe cose, per lo meno per me. Certo, voi mi direte: “Allora è inutile che ci fai perdere tempo: la chiudiamo qui e arrivederci.”
No, no. Voglio parlarvene, invece. Forse la mia esperienza potrebbe addirittura essere spunto di riflessione per qualcuno, chi lo sa.
Quindi, come vi dicevo, quella sera mi ero fermato a chattare con Cuore infuocato.
Da quando ero entrato nel mondo del sesso virtuale, non avevo ancora incontrato nessuna di particolarmente interessante, nessuna che mi solleticasse la mente e l’uccello, per intenderci.
Cuore infuocato, al secolo Gabriella – come mi aveva confessato qualche sera dopo – diceva di essere un ingegnere nucleare.
Come? Volete sapere il mio nick da porco navigatore? Ma che importanza ha? Ah, dite che è solo una curiosità? E va bene. Per lei ero Bob, la versione inglese di Roberto: il mio nome di battesimo. Tutti, però, mi chiamano Roby: amici, parenti, mia moglie, il meccanico, il carrozziere, i colleghi, la ragazza del bar dove mi fermo a fare colazione quando vado in ufficio; insomma, chiunque con cui abbia un minimo di confidenza.
Vi vedo, donne, che accennate quella smorfia di commiserazione, e intanto pensate che manco di estro. Ebbene sì, avrei potuto scegliere un nomignolo più intrigante, fantasioso. Eh già, che volete farci? Non sono creativo e neppure geniale. E già che ci siamo, vi chiarisco che non sono nemmeno come Jason Momoa, Can Yaman o uno dei tanti attori e modelli dietro i quali sbavate. Sono un uomo normale, uno come tanti. E se proprio volete fantasticare su di me, fatelo con le misure giuste.
Sono alto centosettanta sei centimetri, capelli ricci, castano scuro con qualche filo già bianco. Accidenti! Me li faccio sempre tagliare cortissimi, onde evitare l’effetto cespuglio. Da qualche mese, poi, mi sono lasciato anche un pizzetto corto e ampio, per togliermi quell’aspetto da ragazzo “pulito” che ho ancora, nonostante siano passati quarant’anni. È stato il mio barbiere a consigliarmi questo nuovo look, cinque mesi fa, ed è stato un cambiamento vincente. Infatti, ho l’impressione che ora le donne mi guardino con un certo interesse. Se prima, appena mi vedevano, mi avrebbero regalato una caramella, ora mi guardano come se volessero essere il mio lecca lecca. Che cosa può fare un pizzetto, vero? In verità ho anche cambiato abbigliamento: più casual e meno da impiegato del Ministero. Sono sparite cravatta e camicia; ora indosso t-shirt aderenti, il più delle volte di colore nero, con sopra una giacca abbinata ai pantaloni di taglio sportivo. Spesso sono jeans blu, grigi, o neri slim-fit. Me lo posso permettere, sono sempre stato magro, e lo sport mi sta aiutando a delineare un po’ la muscolatura. Niente di eccezionale, ma faccio comunque la mia porca figura.
In ogni caso, Cuore Infuocato mi aveva scritto di essere un ingegnere nucleare. Forse era una balla; tuttavia, pensare che lo fosse per davvero, mi aveva stuzzicato la fantasia. Diceva di essere una professionista molto impegnata, che non aveva tempo di intrattenere rapporti reali, perciò preferiva masturbarsi davanti a una chat piuttosto che cercarsi un uomo in carne ossa.
*Un collega di lavoro? le avevo suggerito.
*No, non mi piace mischiare piacere e dovere. Fare sesso con un collega in laboratorio, mentre lavoriamo allo sviluppo del reattore a fusione nucleare compatto? Non se ne parla, aveva risposto lei.
Wow! L’esclamazione me l’ero tenuta per me. Non sapevo cosa fosse un reattore a fusione nucleare compatto, ma sembrava una cosa piuttosto grossa in tutti i sensi, più grossa del mio cazzo, sicuramente. Non le avevo chiesto spiegazioni, per non fare la figura dell’ignorante, anche se - ne ero certo - nessuno dei miei colleghi e neppure mia moglie conoscevano la risposta. No, forse Claudia sì. Lei sapeva sempre tutto, specie da quando l’avevano promossa a direttore di un’importante agenzia della banca in cui lavorava da oltre dieci anni.
Che cosa? Dite che sentite dell’ironia nelle mie parole? Beh, certo che sono ironico. Da quando si faceva chiamare “direttrice” o “dottoressa Coffa”, mia moglie era diventata un po’ stronza, anzi, senza il po’: era stronza al quadrato. La sua promozione era coincisa più o meno con il presentarsi del mio problema, e il suo atteggiamento aggressivo e arrogante lo peggiorava ulteriormente.
Chissà se Cuore infuocato aveva menzionato il reattore nucleare per fare colpo. E chissà se era davvero il lavoro a tenerla lontana dagli uomini. Forse erano tutte cazzate. Forse, invece, aveva qualche disturbo sessuale, per cui rifuggiva l’incontro fisico con l’altro.
Dopo le presentazioni, avevamo iniziato a parlare del più e del meno, come potrebbero fare due passeggeri, seduti, uno di fronte all’altra sul vagone del Frecciarossa Roma-Milano; un modo per ammazzare il tempo, senza rincoglionirsi con gli occhi fissi in continuazione sul display del cellulare. La differenza era che, in quel momento, né io né Cuore infuocato ci stavamo guardando negli occhi, e neppure ci sfioravamo con le ginocchia. Protetti dall’anonimato e a chilometri di distanza, avevamo solo conversato, tramite una tastiera, per un’ora e mezza.
Per quattro sere ci eravamo ritrovati nella stessa chat room, senza darci un appuntamento; era stato tutto casuale, senza premeditazione. Ebbi la sensazione però, che lei, ogni sera mi aspettasse. Lo capivo dall’entusiasmo con cui mi salutava. Anch’io, in verità, speravo ogni sera, di ritrovarla. Era una tipa a cui piaceva molto parlare di sé e a me non dispiaceva leggerla, anche perché così evitavo di espormi e di doverle dire bugie.
In verità, una di cazzata gliel’avevo detta già la prima sera, due minuti dopo esserci conosciuti.
*Sei sposato?
*Separato da un anno.
Per quattro sere, le nostre chat si erano mantenute per lo più su argomenti di vario genere, talvolta con allusioni al sesso e doppi sensi, che avevamo assecondato con titubanza, evitando di entrare nel vivo di un palese scambio erotico. Ripensandoci adesso, credo che fossi più io quello che si manteneva lontano da certe intimità, riportando la conversazione sempre su temi neutri. Era una hot room e noi parlavamo di ricette, sport, cultura, politica e tanto altro ancora, tranne che di sesso.
La quinta sera, però, di punto in bianco - era già un’oretta buona che lei scriveva e io leggevo commentando - se n’era uscita con: *Ti va di vederci?
Il cuore aveva accelerato, manco avessi avuto un toro impazzito alle calcagna. Per l’eccitazione, penserete voi. No, per l’inadeguatezza della richiesta. Ma quale appuntamento? Non avevo assolutamente intenzione di vederla dal vivo. Incontrarci in qualche hotel e scopare? Ma anche no. Assolutamente no. Tradire Claudia non era in programma, non ci avevo manco lontanamente fatto un pensierino.
Presi tempo.
*Vederci, in che senso?
*V e d e r c i, scandì lei, voce del verbo guardarsi in faccia, negli occhi e in tutte le altre parti del corpo.
All’improvviso m’era venuta una leggera sudarella, che niente aveva a che fare con il caldo di fine maggio. Mi stavo addentrando nel vivo di una chiacchierata porno-hard con una sconosciuta, e la cosa mi rendeva ansioso.
Decisi di mettere subito le cose in chiaro.
*Mi dispiace, ma non intendo tradire mia moglie.
Mentre rileggevo la frase che avevo scritto, mi ero detto quanto fossi coglione. Roba che, se lo avesse saputo, Mirko mi avrebbe sfondato la racchetta da squash in testa, come minimo. Ma quando mai un uomo sano, con istinti sani e con sani appetiti rifiuterebbe un invito del genere? E diamine, è inutile che fate quel sorrisetto: vi ho avvertiti che non sono come quei super maschi da tastiera che se ne scopano una a sera.
*Tua moglie? aveva scritto lei, facendo seguire alla frase cinque emoji di meraviglia. *Ma non avevi detto di essere separato?
Merda! Preso dal panico, mi ero dimenticato della cazzata che le avevo rifilato la sera in cui ci eravamo conosciuti.
*Certo, ma finché non siamo divorziati, lei è sempre mia moglie. Mi ero attaccato alle norme del codice civile, per salvare la faccia. *Comunque, manca poco. Però, finché non è definitivo, non intendo…
Non avevo neppure finito di scrivere quella seconda cazzata, che già erano arrivate le sue faccine ridenti, anzi, sganascianti, quelle con le lacrime agli occhi, per intenderci.
*Sì, sì, capisco, si era sbrigata a scrivere - altre faccine esilaranti – e non pensi che sia già un tradimento, chattare in modo intimo con una donna, all’una di notte.
“Ma quale modo intimo?” avrei voluto risponderle. “Sei stata tu a dire che ti piace indossare il perizoma color carne, così se qualcuno sbircia sotto la gonna, può pensare che sei nuda. E sei stata sempre tu a raccontare nei minimi particolari il primo pompino a sedici anni, fatto al tuo insegnante di violino. Io non ti ho mai chiesto niente.”
*Tradimento è già entrare in un sito come questo, in stanze come queste, dove si sa che la gente va in cerca di sesso, aveva continuato lei.
L’avevo letta senza ribattere. Mi stava innervosendo il suo atteggiamento da saputella emancipata. L’impulso era stato quello di chiudere tutto e andarmene a letto. Fanculo pure Cuore infuocato!
*Comunque, intendevo: vederci tramite webcam. Ciascuno resta a casa sua, aveva chiarito lei.
Webcam? Mostrarle la mia faccia? E se mi avesse riconosciuto?
Riflettendoci a distanza di tempo, si trattava solo di paure stupide, visto che non sono una persona famosa, ma un semplice impiegato delle Poste. Avrebbe dovuto proprio dirmi sfiga se, invece dell’ingegnere nucleare che aveva detto di essere, fosse stata la mia vicina di casa o una parente, mia o peggio di mia moglie; oppure, ahimè, una cliente abituale dell’Ufficio Postale dove lavoro. Sarebbe anche potuta accadere questa eventualità, ma diamine, proprio a me?
*Va bene. Ti chiamo io, avevo scritto, titubante.
Mi ero sbrigato a mettere su gli auricolari e avevo attivato la webcam. Tempo due secondi e ci eravamo trovati l’uno di fronte all’altra.
Trasalii, sconcertato. Mi aspettavo di trovarla allungata su un divano o su un letto - data l’ora tarda - invece, l’ingegnere nucleare se ne stava seduta su una sedia dietro una scrivania, con le gambe larghe e i piedi contro il bordo della stessa.
Nuda.
Avevo visto la sua fica aperta e depilata prima della sua faccia. La carne rosea luccicava di umori. I capezzoli turgidi e scuri mi puntavano da lontano.
Aveva le mani libere e con le dita si sfiorava i seni con delicatezza. I capelli corti, di colore castano chiaro, mettevano in risalto un viso tondo con occhi piccoli e scuri. Non doveva essere più alta di un metro e cinquantacinque, e nel complesso era carina. Certamente non corrispondeva all’idea che mi ero fatto di lei e nemmeno al mio ideale di bellezza. E lì avevo capito che, quando decidi di imbarcarti in certe esperienze virtuali, sarebbe meglio restare un’incognita l’uno per l’altra, così dai modo all’immaginazione di viaggiare verso le mete cui aspiri.
Dite che sono uno spocchioso pretenzioso? Beh, sarei un ipocrita, se vi dicessi che mi piacciono tutte, le donne.
Cosa? Volete sapere il mio ideale di bellezza femminile? Mi sembra di avervelo già detto: Monica Bellucci e, naturalmente, mia moglie Claudia, che le somiglia moltissimo. Eh sì, sono un uomo fortunato.
Comunque, dinanzi a quella scena porno, messa in piedi da Cuore Infuocato, ero rimasto senza parole. Mi sforzavo di guardarla in faccia, ma gli occhi fuggivano sempre verso il basso, tra le sue gambe.
«Non ti piace quello che vedi?» mi aveva sussurrato negli auricolari.
Non le avevo risposto. Dormivano tutti - potevo stare tranquillo - ma mia moglie avrebbe potuto svegliarsi per andare in bagno e sentirmi da sopra le scale. Tra l’altro, non sapevo cosa risponderle, senza rischiare di apparire indelicato o un cretino. Mi piaceva quello che vedevo? Non lo so. Il fatto è che ero distratto da altri pensieri, anzi, da uno in particolare, e cioè che dinanzi a quello spettacolo sexy e arrapante non stava accadendo un bel niente. Quella fica che sembrava ammiccare invitante, quasi a dirmi: “Vieni. Prendimi. Riempimi col tuo bel cazzone. Sfondami. Fammi godere”, non mi mandava il sangue al cervello e tanto meno sotto la cintura dei pantaloni.
A un certo punto, mi ero accorto che lei si stava sentendo a disagio. Si era tirata su con il busto e aveva richiuso le gambe. Probabilmente, il fatto che non sbavassi dinanzi al suo corpo la faceva sentire insicura.
Le scrissi: *Sì, mi piace molto.
Ma era stata un’altra bugia, perché se fosse stato vero, il mio uccello, dinanzi a tutto quel ben di Dio, avrebbe dovuto scattare sull’attenti; invece continuava a dormire.
Naturalmente con lei avevo fatto finta di essere eccitato. Ero scivolato sulla seduta del divano, facendo attenzione a inquadrare la mano sulla patta dei pantaloni, intenta a fare il massaggio cardiaco a quel disgraziato moribondo nelle mutande, e ammiccando ogni tanto con gli occhi da depravato.
*Sì, mi piace… Mi piaci, le avevo ripetuto, con quei puntini di sospensione tesi a suscitare nella mente di lei il messaggio implicito e bugiardo: “Sapessi che ti farei se fossi lì.”
Ma che le avrei fatto se fossi stato lì? Probabilmente mi sarei tuffato con la faccia tra le sue cosce spalancate e l’avrei leccata. La lingua su ogni centimetro di carne. Ovunque. Fuori e dentro. Mi sarei preso tutto il tempo necessario per farla venire, senza fretta, gustando il sapore della sua eccitazione e i suoi gemiti. Poi l’avrei scopata, prima sulla sedia, poi riversa sulla scrivania. Avrei tirato fuori il cazzo dai pantaloni e sarei entrato con un colpo di reni. Secco. Veloce. Esigente. E lei, già fradicia, mi avrebbe accolto con facilità. Dio, sì che l’avrei sbattuta, l’avrei sbattuta per bene: urla, gemiti, sudore, fluidi, piacere… Sì, tanto piacere.
Lei aveva sorriso e si era mossa sulla sedia. La sua sicurezza era ritornata e con essa la sfrontatezza. Aveva allargato di nuovo le gambe e si era sporta in avanti con una mano. Doveva aver toccato il tasto dello zoom, perché dopo essersi allontanata ancora, avevo visto il primo piano del suo sesso spalancato e lucido di umori. Poi lo zoom era tornato alle dimensioni di prima, a inquadrarla per intero. Si era messa l’indice in bocca e aveva iniziato a succhiarlo con passione, e nel mentre mi guardava maliziosa. Sapevo a cosa voleva che pensassi in quel momento, e io immaginai, infatti, il mio cazzo che scivolava tra le sue labbra e lei che me lo succhiava fino a prosciugarmi il cervello. La bocca di una donna attorno al cazzo? Una meravigliosa sensazione estatica. Il desiderio di ogni uomo degno di questo nome. E credete che provassi qualcosa? Accidenti, no! Non provavo assolutamente niente. Uno spettacolo senza emozioni, come se stessi guardando la pubblicità di un dentifricio. Cazzo! Da dare la testa al muro.
«Vuoi scoparmi?» mi aveva domandato con la voce roca.
Il desiderio era manifesto in ogni millimetro della sua pelle tesa ed eccitata. Sentivo la sua voglia di godere vibrare nell’aria attorno a me.
*Sì, scrissi rapido.
Era la verità. L’avrei voluta scopare, come avrei voluto scopare mia moglie. Ma il mio cazzo no. Maledetto! Il mio cazzo sembrava caduto in letargo, una appendice senza alcuna utilità.
«Allora, fallo,» disse lei, allargando di più le cosce e spingendosi ancora un po’ in avanti.
Dio santo. Più sbattuta in faccia di così. Ma come avrei potuto scoparla? Se si fosse spinta ancora verso la webcam, al massimo avrei potuto leccargliela sullo schermo.
La fissavo senza parlare, ma lei doveva essersi accorta, ormai, che ero un rincoglionito imbranato.
«Le mie mani saranno le tue mani. Tutto ciò che mi farò, sarà come se fossi tu a farlo.»
Ah, ecco. Beh, il mio uccello doveva aver gradito quel programmino, perché emise un fremito di vita come quello di un piccione appena investito da un’auto.
A quel punto mi ero sdraiato sul divano, poggiando la testa su uno dei cuscini colorati che tenevamo contro lo schienale, e mi ero preparato a partecipare al mio primo amplesso virtuale.
Lei aveva allungato la mano destra sul ripiano della scrivania e, quando la riportò indietro, stringeva tra le dita un fallo in silicone di colore viola, di notevoli dimensioni. Certo, non come il mio. Secondo me, nella realtà neppure esistono cazzi di quelle misure, oppure si conteranno sulle dita di una mano. A occhio e croce potevano essere ventotto centimetri abbondanti. Cuore infuocato se l’era passato sulla pancia con calma, poi sui capezzoli, su cui aveva indugiato parecchio, mentre con l’altra mano immergeva indice e medio nella sua fessura. Le aveva mosse dentro e fuori, quelle dita, accompagnando il movimento con gemiti gutturali e leccandosi le labbra con fare lascivo; quindi se l’era portate alla bocca, ma prima di farlo ci aveva tenuto a precisarmi: «Te lo sto prendendo in bocca. Senti la mia saliva che ti bagna?» Poi era scoppiata in una breve risata e aveva aggiunto: «Ma no, sei già bagnato, perché sei appena uscito dalla mia fica.»
Guardavo con attenzione tutti i suoi movimenti. Mi venne in mente Pallino, il nostro gatto, quando in giardino puntava qualche lucertola o qualche topo nascosto sotto il cespuglio di lavanda. La mia mente era vigile e smaniosa di scoprire che cosa avrebbe fatto subito dopo.
Vi starete chiedendo se fossi eccitato? Beh, la materia grigia lo era parecchio e, miracolo, l’uccello pure iniziava a gonfiarsi.
L’ingegnere aveva avvicinato il fallo viola alla bocca e, dopo averlo ricoperto ben bene di saliva, se lo era portato tra le gambe. Lo aveva afferrato con entrambe le mani e se lo era spinto nella fica, all’inizio con cautela, come se avesse dovuto adattarsi al diametro di quel cazzo enorme; in ultimo aveva dato un colpo secco, infilandoselo tutto dentro e accompagnando la penetrazione con un gemito lungo e acuto. Poi aveva gettato la testa all’indietro e si era fermata per alcuni secondi in quella posizione, come se volesse farmi memorizzare ogni minimo particolare. In realtà non ce n’era bisogno: avevo già tutto ben stampato nel cervello.
L’estremità di quel membro finto, che la riempiva, mi aveva fatto venire voglia di andare lì a toglierlo e infilarci il mio. Immaginai di scoparla su quella sedia, in quella posizione e di farla gemere e gridare di piacere.
Chiusi gli occhi per qualche attimo e la faccia di Claudia si sovrappose immediatamente a quella di Cuore infuocato. Vedevo mia moglie con le gambe aperte che si offriva invitante al mio cazzo duro e mi guardava con un ghigno che sembrava dirmi: “Voglio proprio vedere che sai fare.”
Riaprii gli occhi di scatto. Il mio uccello stava perdendo vigore. Allora tornai a concentrarmi su Cuore infuocato che aveva iniziato a roteare il bacino, ululando come una cagna. Stava esagerando, secondo me. Non avevo mai sentito una donna fare quei versi, se non in qualche film porno di bassa lega.
«E ora scopami,» mi aveva detto senza guardarmi e afferrando la base del dildo.
I miei occhi si erano fissati sulle sue mani che avevano iniziato a muovere il fallo di silicone dentro e fuori. A volte lo faceva uscire tutto, e con violenza lo rinfilava dentro, altre volte lo muoveva appena. Più che altro sembrava che cercasse di spingerlo a fondo, come se non le bastasse. Erano ventotto centimetri - cazzo! - come facevano a non bastarle?
Nelle orecchie, i suoi gemiti lunghi di piacere mi avevano fatto affluire il sangue ovunque, e l’uccello aveva ripreso vigore. E la cosa non poteva che farmi felice.
Tra tutte le donne che avevo conosciuto su quel sito di incontri, Cuore infuocato era l’unica che avesse smosso qualcosa, e in quel momento ne capivo anche il motivo: era riuscita a solleticare la mia fantasia. Tra l’altro, con lei non avevo l’ansia di poter fallire: era tutto virtuale; se l’uccello fosse caduto addormentato all’improvviso, lei non se ne sarebbe nemmeno accorta.
A un tratto mi domandai se potesse funzionare anche con mia moglie: era possibile che riuscissi a scopare Claudia almeno al di là di uno schermo? Una scopata soddisfacente almeno mentalmente?
Chiusi gli occhi per qualche secondo e pensai di nuovo a mia moglie, seduta in ufficio, sulla poltrona in pelle nera da direttore di banca, con addosso la gonna completamente sollevata, le gambe aperte e le scarpe contro il bordo della scrivania.
È l’ora della pausa pranzo. Tutti escono, ma lei no. Lei resta nella sua stanza e aspetta me. Io arrivo e la trovo così: indecente e sexy. Ha la testa abbandonata contro lo schienale. È già pronta. Per esserne sicuro, metto la mano tra le sue cosce e sento le mutandine bagnate, da strizzare. Chissà da quanto tempo si sta toccando, penso tra me. Quindi tiro l’astuccio fuori dalla tasca, prendo il fallo viola e, dopo averle spostato il perizoma, la penetro con forza come se fosse il mio cazzo. “Ti piace? Dimmi che ti piace. Dimmi che non aspettavi altro. Non aspettavi altro che fartelo mettere dentro. Dimmi che vuoi il mio cazzo dentro.”
«Mmmmmm come ti sento… Mi riempi tutta… Mmmmm… Tu mi senti?»
A quel punto avevo riaperto gli occhi. Cuore infuocato mi guardava con le palpebre abbassate e continuava a domandarmi se la sentissi.
*Sì, ti sento tutta, le scrissi. Godi col mio cazzo… Sì… Così.
Riportai una mano sulla patta dei pantaloni. Ero eccitato, senza ombra di dubbio. Tutta quella situazione e la fantasia su Claudia avevano avuto su di me l’effetto di un potente afrodisiaco, provocandomi un’erezione granitica.
Nel frattempo Cuore infuocato era venuta con delle grida strozzate. Poi aveva tirato fuori dalla fica il dildo e se lo era leccato come fosse un gelato, restando a occhi chiusi.
Intanto, minuto dopo minuto, diventavo sempre più impaziente. Non vedevo l’ora di salire al piano di sopra e scopare, finalmente, mia moglie.
L’erezione era ancora lì, pronta ad avere soddisfazione e quella sera l’avrebbe ottenuta. Cazzo, se l’avrei ottenuta.















